Lavoratore disabile seduto al desk con pc
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Il lavoratore disabile ed il licenziamento per superamento del periodo di comporto

La rigida applicazione al lavoratore disabile del periodo di comporto previsto dal CCNL configura una discriminazione indiretta con conseguente illegittimità del recesso. Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n° 24052 del 6 Settembre 2024. La sentenza, in linea con un ormai consolidato orientamento della giurisprudenza sia di merito sia di legittimità, conferma che il termine di comporto non può essere identico per tutti i dipendenti. Infatti, a fronte dei rischi di maggiore morbilità quale conseguenza della disabilità, esso deve differenziarsi per i lavoratori portatori di handicap.

Per evitare di incorrere nel rischio di discriminazione indiretta nei confronti di tali lavoratori, spetta alla contrattazione collettiva prevedere determinati periodi di comporto maggiorati, proprio in relazione alla condizione soggettiva invalidante, secondo la quale vanno adottati gli “accorgimenti ragionevoli”.

Obblighi del datore di lavoro nei confronti del lavoratore disabile

A parere della Suprema Corte:

(…) La conoscenza dello stato di disabilità del lavoratore – o la possibilità di conoscerlo secondo l’ordinaria diligenza – da parte del datore di lavoro fa sorgere l’onere datoriale – a cui non può corrispondere un comportamento ostruzionistico del lavoratore – di acquisire, prima di procedere al licenziamento, informazioni circa l’eventualità che le assenze per malattia del dipendente siano connesse allo stato di disabilità, al fine di individuare possibili accorgimenti ragionevoli imposti dall’art. 3, comma 3-bis, D.lgs. n. 216 del 2003, la cui adozione presuppone l’interlocuzione ed il confronto tra le parti, che costituiscono una fase ineludibile della fattispecie complessa del licenziamento de quo (…).

Corte di Cassazione – Sentenza n°24052, 6/09/2024

La normativa sulla discriminazione indiretta

Ai sensi del Decreto Legislativo sopra citato, che ha dato attuazione della direttiva 2000/78/CE, si configura discriminazione indiretta ogniqualvolta

una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone.

D.lgs. n° 216, 2003 – Art. 3, comma 3-bis

Alla luce di quanto sopra, in attesa di un intervento da parte del Legislatore o della contrattazione collettiva in tema di comporto per i lavoratori disabili, è di estrema importanza che i datori di lavoro adottino i cosiddetti “accomodamenti ragionevoli” – come, ad esempio, l’estensione unilaterale del periodo di comporto – per ridurre al minimo il rischio di censura del licenziamento in sede giudiziaria.

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