La diffusione del virus Covid – 19 e la qualificazione del contagio occorso in occasione di lavoro come infortunio (presunta per alcune categorie di dipendenti) ha fatto sorgere molti dubbi interpretativi - e molti timori per le aziende - in merito all’ambito di responsabilità civile del datore di lavoro sul quale, ai sensi dell’art. 2087 del Cod. Civ. incombe l’obbligo di adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
I dubbi – e le preoccupazioni – nascevano, in particolare, dall’impossibilità di annullare il rischio e dal fatto che il virus è presente non solo in azienda ma anche al di fuori di essa.
Un tentativo di rassicurazione per le imprese era già stato fatto dall’INAIL nel corso del mese di maggio, con la Circolare n. 22/2020 con la quale aveva precisato che la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 è ipotizzabile solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n.33.” (vale a dire il Protocollo Nazionale del 24.4.2020 e i protocolli regionali o in mancanza nazionali di settore).
Il D.L. Liquidità pone ora fine a questa querelle facendo proprio il principio già espresso dall’INAIL stabilendo all’art. 29 bis che ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid -19 i datori di lavoro adempiono all’obbligo di cui all’art. 2087 Cod Civ mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nei protocolli sopra menzionati, nonché mediante l’adozione e il mantenimento delle misure ivi previste.